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brano
 
Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), III, 26
 
originale
 
[26] Sic illa maerebat, ego vero quamquam perfectus asinus et pro Lucio iumentum sensum tamen retinebam humanum. Diu denique ac multum mecum ipse deliberavi, an nequissimam facinerosissimamque illam feminam spissis calcibus feriens et mordicus adpetens necare deberem. Sed ab incepto temerario melior me sententia revocavit, ne morte multata Photide salutares mihi suppetias rursus extinguerem. Deiecto itaque et quassanti capite ac demussata temporali contumelia durissimo casui meo serviens ad equum illum vectorem meum probissimum in stabulum concedo, ubi alium etiam Milonis quondam hospitis mei asinum stabulantem inveni. Atque ego rebar, si quod inesset mutis animalibus tacitum ac naturale sacramentum, agnitione ac miseratione quadam inductum equum illum meum hospitium ac loca lautia mihi praebiturum. Sed pro Iuppiter hospitalis et Fidei secreta numina! Praeclarus ille vector meus cum asino capita conferunt in meamque perniciem ilico consentiunt et verentes scilicet cibariis suis vix me praesepio videre proximantem: deiectis auribus iam furentes infestis calcibus insecuntur. Et abigor quam procul ab ordeo, quod adposueram vesperi meis manibus illi gratissimo famulo.
 
traduzione
 
Cos? ella si disperava ed io bench? asino perfetto, un quadrupede al posto di Lucio, conservavo la sensibilit? umana. Cos? stetti a lungo a chiedermi se avessi dovuto uccidere a furia di calci e di morsi quella disgraziata e malvagia femmina; ma da questo proposito avventato mi distolse una considerazione pi? sensata e cio? che se avessi punito Fotide con la morte, mi sarei tolta da me ogni possibilit? di aiuto. Cos? a testa bassa e ciondoloni e mandando gi? la momentanea umiliazione, nonch? rassegnandomi a quel tristissimo accidente, me ne andai vicino al mio cavallo che cos? zelantemente mi aveva portato fin l?, nella stalla, dove trovai anche un altro asino, appartenente a Milone, un tempo mio ospite. Intanto io pensavo che se tra gli animali, privi come sono di parola, esiste un tacito e istintivo senso di solidariet?, quel mio cavallo, riconoscendomi e avendo piet? di me, mi avrebbe dato ospitalit? e lasciato ch'io occupassi il posto migliore. E, invece, per Giove ospitale, per le segrete divinit? della Fede, quella mia illustre cavalcatura e quell'asino, annusandosi, si misero subito d'accordo ai miei danni e, appena videro che io mi avvicinavo alla greppia, preoccupati per il cibo, a orecchie basse, infuriati, mi accolsero con una tempesta di calci. Cos? fui tenuto bene alla larga da quell'orzo che io stesso, la sera prima, con le mie mani, avevo posto davanti a quel mio riconoscente servitore.
 

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